“Penisole” di Daniele Rebecchi cattura immediatamente lo sguardo per la sua ambiguità visiva e concettuale, sospesa tra suggestioni paesaggistiche e una dimensione puramente astratta.

La pittura è raffinata, stratificata e complessa. Velature, colature e screziature danno vita a forme e texture ricche di suggestioni; la scelta cromatica gioca su un elegante equilibrio: i verdi muschiosi e i blu acquatici dialogano con terre bruciate e tonalità più scure, evocando un intenso senso di movimento. Ciò che affiora dalla trama pittorica appare in bilico tra il riconoscibile e l'indefinito, come visioni che si accennano senza mai compiersi.

L'opera sembra voler far riflettere sullo scorrere del tempo e sull’instabilità dell’identità, come se fosse la metafora di un’esistenza che non trova mai un approdo definitivo, ma si ridefinisce costantemente, restando sempre in divenire. 

Il titolo “Penisole” sintetizza questa tensione: Penisola non è isola né continente, ma terra in bilico tra radici e fuga. In essa convivono appartenenza e libertà, legame e separazione.